Da "KIND OF BLUE" - Miles Davis -

L’IMPROVVISAZIONE NEL JAZZ

di Bill Evans

C’é un’arte visiva giapponese in cui l’artista è costretto ad essere spontaneo. Deve dipingere, con uno speciale pennello e della vernice nera ad acqua, su di un sottile foglio di cartapecora allungata, cosicché un tratto maldestro o incostante rovinerà la continuità del segno o romperà la pergamena stessa. Cancellare o cambiare non è possibile. Questi artisti devono praticare una particolare disciplina, quella che permetta ad un’idea di esprimersi da sola attraverso le loro mani, in modo così diretto da non permettere interferenze mentali.

I dipinti che ne derivano mancano della complessa composizione della pittura comune, ma si dice che coloro che li guardano bene, vi trovano qualcosa che non è spiegabile.

Tale convinzione, per cui le cose fatte senza mediazione, sono le elaborazioni più significative, credo abbiano sollecitato l’evoluzione dell’improvvisazione, o delle discipline jazzistiche più ortodosse e singolari.

L’improvvisazione di gruppo è una sfida ancor più azzardata. A prescindere dal gravoso problema tecnico rappresentato dalla coesione mentale collettiva, c’é il forte bisogno umano e sociale di accordo da parte di tutti i membri per il raggiungimento di un risultato finale. Ritengo che questo notevole problema sia stato, in questo disco, egregiamente affrontato e risolto.

Come il pittore ha bisogno di un’intelaiatura di cartapecora, la band che improvvisa ha bisogno della propria struttura di tempi. Qui, Miles Davis presenta delle strutture eleganti nella loro semplicità, che già contengono tutto ciò che è necessario per animare l’esibizione, con un esperto rimando al concetto di partenza.

Miles concepì questi adattamenti solo poche ore prima giungere nello studio di registrazione, portando con sé delle bozze che indicavano al gruppo ciò che lui avrebbe voluto suonassero. Quindi, in questi brani, ascolterete qualcosa che si avvicina alla più pura spontaneità. Il gruppo non aveva mai suonato questi pezzi prima di trovarsi in sala di registrazione, e credo proprio che ogni brano fu inciso senza dover essere suonato più di una volta.

Sebbene sia normale per un jazzista aspettarsi di dover improvvisare su del nuovo materiale ad una session di registrazione, la caratteristica di questi brani è che essi sono particolarmente stimolanti.

Brevemente, le peculiarità più evidenti delle cinque incisioni:

So What è una semplice figura che si basa su sedici battute di una scala, otto di un’altra, e altre otto della prima, che seguono ad un’introduzione di piano e basso in uno stile ritmico libero. Freddie Freeloader è una struttura blues in dodici battute a cui fu data una nuova personalità grazie all’efficace semplicità ritmica e melodica. Blue in Green è un brano in dieci battute circolari che seguono ad un’introduzione in quattro battute, e suonato da solisti in vari fraseggi e in diminuzioni del tempo. Flamenco Sketches è una struttura blues in sei ottavi da dodici battute, che si esprime solo attraverso poche variazioni modali, e l’idea melodica libera di Miles. All Blues è una seri di cinque scale, ognuna delle quali va suonata finché il solista lo desidera, e fino a quando ha completato la serie.

 

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